La città e la città- China Miéville

20 Feb , 2025 - Libri

TITOLO: La città e la città

AUTORE: China Miéville

GENERE: Narrativa

SOTTOGENERE: Detective story / fantapolitica

EDITORE: Fanucci editore

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2024 (Italia)

PAGINE: 336

CODICE ISBN: 9788834744772

GIUDIZIO: ★★★☆☆

Siete mai stati a Baarle-Hertog? Si tratta di una piccola cittadina nelle Fiandre nota per la sua confinanza non propriamente convenzionale con lo Stato vicino. La città è infatti attraversata dal confine che separa i due Stati, perciò si trova un po’ nei Paesi Bassi e un po’ in Belgio. A rendere le cose più complicate c’è il fatto che il confine non ha l’aspetto di una classica linea, ma ricorda più il pattern delle chiazze sulla pelle di un leopardo, causando degli scenari a dir poco bizzarri. Ad esempio è possibile attraversare il confine più volte in pochi metri restando sulla stessa strada o addirittura il confine può “tagliare in due” uno stesso edificio… pensate ad un abitante di questa cittadina che fa colazione in Belgio per lavarsi poi i denti nei Paesi Bassi… quattro passi più in là. Tremo all’idea di cosa significhi per un cittadino svolgere la più insulsa azione che chiami in causa la burocrazia in un posto come questo.

In ogni caso, se tutto ciò vi sembra assurdo, allora non riuscirete a credere a ciò che si è inventato China Miéville nel suo romanzo “La città e la città”, opera in cui la vicenda è ambientata in una città… che sono in realtà due.

Ma prima di addentrarci in quello che sarà un vero e proprio groviglio logico (e per creare un po’ di suspance) occorre presentare il libro e il suo autore.

China Miéville è uno scrittore britannico autore di numerosi romanzi in cui l’elemento fantastico viene declinato in una maniera leggermente diversa da quella tradizionale. In riferimento al libro in questione, ciò che è “strano” e “incredibile” non ha nulla a che fare con la magia, né con il soprannaturale o la fantascienza, ma si riferisce a questioni di politica e giurisdizione territoriale.

Per quanto riguarda il romanzo, in sé non ha nulla di diverso da un normale racconto poliziesco. Il protagonista, Tyador Borlù, è un ispettore incaricato di indagare sull’omicidio di una giovane dottoranda americana trasferitasi nel luogo dove sono ambientate le vicende per terminare gli studi. Ricerche, interrogatori, depistaggi, sparatorie e colpi di scena come ci si potrebbe aspettare da una storia del genere.

Il libro, però, merita di essere letto -a mio parere- solo per l’intrigantissima quanto complessa ambientazione. Complessa ai livelli di Christopher Nolan per intenderci. E ora la tanto attesa risposta alla domanda: “Sì, ma dove diavolo è ambientato questo romanzo?”. Non è semplice dirlo, e ancor meno semplice è spiegarlo, ma il bello sta proprio in questo.

La vicenda de “La città e la città” si svolge in una città materialmente, concretamente e fisicamente unica, ma politicamente e giuridicamente divisa in due: da una parte Beszel e dall’altra Ul Qoma, entrambe città-stato autonome con le rispettive lingue, religioni, economie, architetture e culture. Come per la nostra cittadina belga-olandese, la questione dei confini è insidiosissima: alcune aree appartengono totalmente a Beszel, altre totalmente a Ul Qoma, ma in molte zone (definite “intersezioni”), le due città sono sovrapposte, per cui una stessa strada è nota con un nome in una città e con un diverso nome nell’altra. Inoltre, dove la separazione è netta, questa può attraversare la città in maniera quasi violenta dando vita a incubi giurisdizionali: per cui un lato di una medesima strada appartiene a Beszel e l’altro a Ul Qoma, oppure il balcone di un palazzo besz può affacciarsi su un giardino di proprietà di un ul qomano, o ancora su uno stesso binario possono transitare treni di linee ferroviarie dell’una e dell’altra città. Insomma, non proprio la più semplice delle situazioni… e questa non è che la punta dell’iceberg!

Essendo infatti le due città mortali nemiche, vige una legge che accomuna entrambe, secondo la quale gli abitanti di una città devono disvedere tutto ciò che è altro rispetto alla propria patria. Questo neologismo non indica semplicemente la capacità di ignorare quel palazzo o quella persona dell’altra città, ma anzi significa proprio accorgersi di essi quanto basta per poter immediatamente far finta che non esistano. Stai guidando in una strada intersezionata dove convergono veicoli di entrambe le città? Ti è consentito vedere quelli della tua città, ma il tuo sguardo non può posarsi per più di un istante su quelli stranieri (quanto basta per evitare incidenti). Stai passeggiando e un cane ti si avvicina per un po’ di coccole? Se tu sei di Beszel e il cane viene da Ul Qoma devi affrettarti ad ignorarlo. Nell’attraversare una strada riconosci rumori e odori tipici dell’altra città? Se te lo chiedono, tu non li hai mai percepiti. Ovviamente anche qualsiasi forma di comunicazione tra le due città è proibita.

La forza di questo romanzo sta proprio in questo contesto fantapolitico nel quale l’ispettore Borlù è costretto a muoversi per sciogliere l’intricatissima matassa del caso a cui sta lavorando. Tuttavia, “La città e la città” non è priva di punti deboli. A volte districarsi in questa logica dei confini che regola le due città può risultare faticoso e appesantire la lettura, soprattutto quando la trama si infittisce ed entrano in gioco sotterfugi e poteri occulti. Sebbene questi siano elementi di per sé positivi per lo sviluppo della vicenda, combinarli con il dualismo Beszel-Ul Qoma e con gli ingredienti alla base di un racconto poliziesco (per cui ogni indizio conduce ad una pista che poi si rivela sbagliata e poi ancora e ancora) produce un meccanismo, sì, funzionante, ma non perfettamente oliato.

Nel complesso, se siete alla ricerca di una detective story e vi piacciono le ambientazioni con logiche complesse, questo è il romanzo che fa per voi. Se invece non siete convinti al 100% vi consiglio comunque di dare una possibilità a “La città e la città” e vorrei stimolare la vostra curiosità congedandomi con un paio di interrogativi. Come può un detective svolgere il proprio lavoro sapendo di non poter arrivare ovunque e di non poter seguire certe piste, anzi, sapendo che, se anche sentisse di essere sulla buona strada, gli si richiede di disvederla? Ma soprattutto cos’è che impone il protagonista e tutti gli abitanti delle due città a non valicare nemmeno con uno sguardo fugace le immaginarie colonne d’Ercole che le tengono separate?

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