
TITOLO: I gatti di Shinjuku
AUTORE: Durian Sukegawa
TRADUTTRICE: Laura Testaverde
GENERE: Narrativa
EDITORE: Einaudi
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2023
PAGINE: 184
CODICE ISBN: 978-88-06-25553-4
GIUDIZIO: ★★★☆☆
Se amate i gatti, la poesia e vi sentite fuori posto rispetto al resto del mondo come se foste giocattoli difettosi, questo è il libro che fa per voi.
Questa è la storia di Yama, un giovane aspirante sceneggiatore impantanato in una carriera televisiva poco entusiasmante e con scarsi risultati. Non è quello che ha sempre sognato, ma sa di dover riporre le ambizioni nel cassetto a causa del suo daltonismo, così gli è sempre stato detto.
Come se non bastasse, nonostante i suoi ingenui sforzi, la rigidità dei format del palinsesto televisivo vanifica di continuo ogni tentativo di affermazione dei suoi valori, ricavandone una triste lezione sul mondo: «[…] ci sono momenti in cui uno deve rinunciare a se stesso. A maggior ragione quando non si tratta di rinunciare a chissà che. […] In questo ambiente c’è un modo di tenersi a galla, e se non ti ci adegui affoghi. Rinuncia a te stesso, per una volta».
Rassegnato, Yama trova rifugio nel Kalinka, un angusto locale di Goldengai, nel cuore del quartiere Shinjuku. L’ambiente lo mette subito a suo agio. Sarà per la clientela -come lui- un po’ persa e fuori fase rispetto al resto del mondo; sarà per i gatti che fanno spesso capolino alla finestra e che animano il locale con piccole scommesse su chi sarà il prossimo a mostrarsi; oppure si tratta di Yume, l’enigmatica ragazza ai fornelli che desta sin da subito l’attenzione del protagonista, come se sapesse di avere molto in comune con lei.
In effetti è così: entrambi ritengono che i gatti siano degli esseri preziosi, ciascuno con la propria personalità e il loro modo di mostrare affetto; entrambi hanno un piccolo difetto visivo (Yume è affetta da strabismo e vede il mondo «solo con l’occhio sinistro»); entrambi, infine, sono anime molto sensibili che si esprimono con le parole e la scrittura, principalmente in forma poetica. Ed è proprio grazie alla poesia che queste anime riescono vicendevolmente a schiudersi.
Il romanzo di Sukegawa è una storia che non lascia molto spazio alla superficialità ma al tempo stesso non risulta pesante. Al contrario, la sensazione che si prova durante la lettura è quella di una leggerezza difficile da spiegare in termini non concettuali. Specialmente durante le riflessioni del protagonista, ci si sente leggeri e sospesi, immersi in una sensazione di dolce vaghezza come quando si cammina meditando sovrappensiero, concentrati ma altrove.
In completa sintonia con quanto appena detto si pone l’aspetto formale del romanzo: una prosa molto poetica che fa molto ricorso alle immagini per esplicare sentimenti e sensazioni.
Un effetto collaterale negativo di tale vaghezza, però, è lo sviluppo intermittente della trama. In più di un’occasione la vicenda principale viene eclissata dalle pause riflessive; soprattutto nelle battute iniziali del romanzo, la narrazione degli eventi viene interrotta per cedere il posto alle meditazioni del protagonista, che possono occupare uno spazio fisico non indifferente. Ne consegue che la trama si sviluppa lentamente e in maniera discontinua, rendendo l’esperienza poco adatta a coloro che apprezzano maggiormente la dinamicità. Fortunatamente questa caratteristica si attenua una volta che la trama ha preso il suo avvio definitivo.
I gatti di Shinjuku è una dedica a tutti coloro che si sentono respinti dal mondo perché, a differenza degli altri, hanno qualcosa che impedisce loro di incastrarsi col resto del “puzzle”. Tuttavia, Yama, Yume, il Kalinka con i suoi clienti e i suoi gatti ci ricordano che è il modo con cui vediamo le cose a renderci unici e che, piuttosto che sopprimere noi stessi per adeguarci al mondo, vale la pena di plasmare la nostra strada assecondando le nostre peculiarità. In un modo o nell’altro, i cuori di altre persone risuoneranno coi nostri, e avremo finalmente trovato qualcuno con cui combaciare.
«– A volte le tue parole brillano. Sono parole che a qualcuno in particolare dicono qualcosa.
– A qualcuno in particolare?
– A me.»

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