La sconosciuta del ritratto – Camille de Peretti

3 Lug , 2025 - Libri

TITOLO: La sconosciuta del ritratto

AUTRICE: Camille de Peretti

GENERE: Narrativa

EDITORE: Edizioni e/o

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2024

PAGINE: 288

CODICE ISBN: 9788833577920

GIUDIZIO: ★★★☆☆ 

Tra le nove Muse, ne manca una che incarni lo spirito delle arti figurative. Non esiste, insomma, la Musa della pittura o della scultura, ma se così non fosse mi piace immaginarla muta e pensare che questa sua qualità sia alla base del fatto che la sua dimensione estetica colpisce gli occhi ma lascia intoccati gli altri sensi. Immagino un mito che racconti come mai i dipinti non possono parlare, ma pensate invece -se potessero farlo- quante storie avrebbero da raccontare e quante nebbie del passato si potrebbero dissipare.

A questa inedita Musa ha fatto da portavoce Camille de Peretti con La sconosciuta del ritratto, romanzo in cui le vicende -ispirate a fatti realmente accaduti- gravitano attorno a un’opera di Gustav Klimt: Ritratto di signora.

Ripercorriamo brevemente i fatti. Klimt nel 1910 dipinge Ritratto di ragazza, esposto a Vienna per alcuni anni prima di essere acquistato da sconosciuti. Nel 1925 una galleria d’arte di Piacenza acquista un altro dipinto dell’artista austriaco, Ritratto di signora, similissimo al primo. Nel 1996 una liceale italiana dimostra che in realtà i due sono lo stesso dipinto: Klimt, per motivi ancora da chiarire, avrebbe realizzato Ritratto di signora dipingendolo sopra Ritratto di ragazza. Pochissimo tempo dopo, il ritratto viene trafugato e verrà ritrovato solo nel 2019 per puro caso da un giardiniere in una botola all’esterno della galleria piacentina. Ancora oggi motivo e mandante del furto restano ignoti.

Molteplici interrogativi sorgono da questa vicenda che sembra uscita dagli studios hollywoodiani. Chi c’è dietro il furto del quadro? Perchè restituirlo dopo più di un ventennio? Dov’è stato per tutto questo tempo? Ma le domande trascendono gli anni e giungono fino ai tempi di Klimt. Cosa avrebbe spinto l’artista austriaco ad alterare l’identità della sua opera? E soprattutto, chi è la sconosciuta del ritratto?

Quando la realtà ci pone dei limiti, spesso l’immaginazione riesce a superarli, e quella di Camille de Peretti ci ha permesso di soddisfare la nostra sete di sapere. Proprio per questo risulta molto difficile accennare alla trama anche in maniera molto vaga, perché qualsiasi dettaglio potrebbe essere fatalmente rivelatore. Basti dire che nel romanzo seguiamo le vicende di Isidore e Pearl, inizialmente distanti tra loro nel tempo e nello spazio, ma legati indissolubilmente da un vincolo che si manifesta nella forma dell’ormai famoso ritratto di Klimt. Le vite dei due protagonisti si intrecciano proprio grazie a questo quadro, per i quali esercita un’attrazione quasi ossessiva.

Il punto di forza del romanzo sta nell’aver proposto una storia tutto sommato interessante estrapolandola da avvenimenti reali già di per sé avvincenti. Saltando avanti e indietro nel Novecento, l’autrice ha creato una storia capace di intrigare attraverso una formula ingegnosa, innestando a più riprese il dubbio e la curiosità nel lettore spingendolo dunque a proseguire nella lettura per sapere che piega prenderanno gli eventi in tempi successivi o, al contrario, in che modo i fatti del passato hanno determinato la situazione presente.

È triste ammettere, però, che ho riscontrato queste caratteristiche come le uniche veramente interessanti del romanzo dell’autrice francese. Nonostante le premesse siano buone e i punti focali della trama siano intriganti, ho trovato gli intermezzi eccessivamente dilungati, dove troppe volte si descrivono episodi la cui funzione ancora non mi è chiara. Ciò che si frappone tra due nodi centrali della trama e che, in teoria, avrebbe lo scopo di connetterli, nuoce alla storia rendendola troppo dispersiva. Ne risulta, se mi è concessa un’espressione più idiota che idiomatica, un “romanzo omeopatico”, dove l’efficacia del principio attivo viene compromessa dall’eccessiva diluizione. Vero, avvicinare il lettore a una rivelazione e lasciarlo col fiato sospeso ha la funzione di incuriosirlo. Tuttavia, prima di giungere al momento topico della trama passa davvero troppo tempo, e in troppe occasioni la curiosità cede il posto all’impazienza e alla perdita dell’interesse. “Cosa c’entra tutto questo con ciò che è accaduto prima?” o “Va bene, ma quando si arriva al sodo?” sono domande che in più di un’occasione mi sono sorte spontanee.

La lettura, comunque, risulta abbastanza scorrevole, sebbene un po’ altalenante in quanto momenti di profondità a livello sia tematico che stilistico si alternano spesso a episodi e scrittura vicini a quelli di romanzi da ombrellone senza alcuna pretesa.

Il bilancio finale è quello di un romanzo che personalmente non consiglierei a chiunque ma che sarebbe ingiusto stroncare. La gestione dei salti temporali nell’intreccio è ben riuscita, così come gli snodi fondamentali della trama; è quello che li unisce che, purtroppo, lascia un po’ a desiderare.

In ogni caso mi sento di dire che la storia del ritratto non merita di restare nell’ombra. Come per Isidore e Pearl, chiunque legga questo romanzo non può che provare un’attrazione per l’opera di Klimt al punto da sentire il desiderio di dirigersi a Piacenza per ammirarlo. Si potrebbe dunque ritenere fortunata la Musa da me immaginata per essere stata assistita dall’autrice della Sconosciuta del ritratto.

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