
TITOLO: La vegetariana
AUTRICE: Han Kang
TRADUTTRICE: M. Z. Ciccimarra
GENERE: Narrativa
EDITORE: Adelphi Edizioni
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2016
PAGINE: 177
CODICE ISBN: 9788845934018
GIUDIZIO: ★★★★☆
«Perché sto cambiando così? Perché tutto in me diventa appuntito? Che cosa intendo trafiggere?»
Così si apre La vegetariana, scritto da Han Kang, vincitrice del premio Nobel per la Letteratura nel 2024 e tradotto da Milena Zemira Ciccimarra per Adelphi (2016).
Yeong-Hye è una giovane donna con una vita come tante altre. Ha una famiglia alle spalle e un marito di cui si prende cura come richiestole dalla società. Tutto va liscio finché i sogni di Yeong-hye non iniziano a esser popolati da strani esseri sanguinolenti e lei non decide di diventare vegetariana. Una decisione apparentemente innocente, ma proviamo a vederla all’interno della cultura coreana: una donna decide di smettere di mangiare la carne, l’alimento cardine della penisola. Non solo è un affronto alla cultura, ma è anche, e soprattutto, una mancanza di rispetto verso chi ha attorno. La sua scelta fa perdere la faccia al marito e alla famiglia che, spaventati da come potrebbe reagire la società, si barricano dietro una completa negazione. L’unica spiegazione possibile al perché Yeong-hye abbia deciso di smettere di mangiare carne è che di colpo sia impazzita o, ancora peggio, stia facendo un capriccio. E i capricci non sono tollerati perché fonte di umiliazione, di vergogna. E cosa fanno le persone quando si vergognano?
La vegetariana è una storia di mancati riconoscimenti, di abusi e violenze di ogni ordine e grado, ma anche di follia, di disturbi alimentari e di dissociazione dalla realtà, tanto da finire per chiedersi che cosa sia, dopotutto, la realtà: la recita che portiamo avanti ogni giorno per essere membri funzionanti della società oppure qualcosa di più profondo? Che cosa siamo disposti a sacrificare per ritrovare la nostra autenticità?
Il libro ruota attorno alla figura di Yeong-hye, eppure non è mai lei la narratrice, raccontare la sua storia non le è concesso. A presentarla sono tre diverse figure in tre diversi capitoli: il marito, il cognato, e infine la sorella. E non si può non pensare al rapporto uomo-donna e ai diversi modi di vedere l’altro sesso. Una figura materna, docile e rassicurante da una parte; un’imprevedibile fonte di fastidio e disordine dall’altra, e quando i ruoli non vengono rispettati il caos non tarda a scoppiare.
Le scene sono spesso violente, sia da un punto di vista fisico che verbale, ed è difficile non sentirsi colpiti, umiliati, da tanta violenza. Il racconto è vivido e non lascia spazio ai pensieri e all’emotività, come a ricordarci che esiste soltanto ciò che si vede. Eppure, ogni tanto, in corsivo, si fanno strada i pensieri di Yeong-hye, le ossessioni che le rubano il sonno e, giorno dopo giorno, la salute mentale.

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