L’architettrice – Melania G. Mazzucco

25 Lug , 2024 - Libri

TITOLO: L’architettrice

AUTRICE: Melania G. Mazzucco

GENERE: Narrativa (romanzo storico)

EDITORE: Einaudi

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2021

PAGINE: 568

CODICE ISBN: 978-88-06-24939-7

GIUDIZIO: ★★★★☆

Ho sempre avuto una certa predilezione per le vicende ambientate in epoca storica, soprattutto quando queste permettono al lettore un’immersione completa e convincente nella realtà in cui si sviluppano gli eventi narrati. Per darvi un’idea di quale sia il mio metro di giudizio, chi legge dovrebbe avere la sensazione di essere uno spettatore invisibile e silenzioso che assiste agli eventi narrati come se fosse l’ombra del personaggio che li sta vivendo o narrando e sentirsi pienamente coinvolto.

Inutile nascondere che L’architettrice ha saputo soddisfare alla perfezione questi requisiti, cosa che non mi aspettavo, in quanto al momento dell’acquisto del libro credevo che esso si concentrasse maggiormente sul tema (pure molto presente) della condizione femminile. Grande e decisamente positiva è stata invece la sorpresa quando mi sono reso conto di aver respirato l’atmosfera della Roma barocca.

Prima di proseguire, di cosa parla il romanzo di Melania Mazzucco? Si tratta della storia di Plautilla Briccia, pittrice romana realmente esistita (così come tutti gli altri personaggi menzionati nel romanzo, dal primo all’ultimo), nonché primissima donna in assoluto ad essersi cimentata nell’arte dell’architettura. Si tratta, insomma, della storia di un’ambiziosa pioniera, e la stessa Plautilla ne era perfettamente consapevole: «Trasformare un disegno in pietra, un pensiero in qualcosa di solido, perenne. Tirar su una casa. Scegliere le tegole del tetto e il mattonato del pavimento. Immaginare facciate, cornicioni, architravi, logge, scale, frontoni, prospettive, giardini. Per quanto ne sapevo, una donna non l’aveva mai fatto. Non esisteva nemmeno una parola per definirla».

La storia si sviluppa per tutta la durata della vita di Plautilla, narrandone gli amori, le speranze, le ambizioni e i successi, ma anche gli ostacoli, le morti, le sconfitte e i desideri mai concretizzati. La protagonista e voce narrante de L’architettrice è un personaggio così ben costruito e delineato nella sfera psichica ed emotiva in maniera così sopraffina che si ha quasi l’impressione che l’autrice ce l’abbia avuta davanti in carne ed ossa ed abbia semplicemente ascoltato e poi trascritto la storia della sua vita.

In realtà Plautilla è il frutto di un lavoro di ricerca durato quasi due decenni che non si limita semplicemente a dimostrare l’abilità di ricercatrice e di scrittrice di Melania Mazzucco, ma mette anche in evidenza il potere creativo -quasi magico- dell’arte di inventare e narrare storie. Partendo semplicemente da documenti notarili e poche altre carte che giacciono dimenticate in archivi polverosi, e seguendo poi quella traccia così labile come una scritta sul bagnasciuga, l’autrice è riuscita a restituire la voce (e quindi la vita) a una donna il cui nome si è preferito in certi casi ometterlo o adombrarlo, e in altri (quelli in cui non si poteva cancellare o sminuire i suoi meriti) è stato appena bisbigliato.

Pare che Plautilla non sia l’unica protagonista del romanzo: ad accompagnare la storia della sua vita c’è anche qualcos’altro. Esatto, non “qualcuno” ma “qualcosa”. Sto parlando della sua città: Roma, rappresentata nella multiforme varietà dei suoi abitanti; descritta nella maestosità delle antiche rovine romane e nel fervore artistico dell’epoca barocca per mezzo delle opere di artisti e architetti; tratteggiata nel suo mutare all’avanzare del tempo. Insomma, la città eterna non è un mero sfondo per la narrazione, un ambiente statico e inerte, ma anzi, è un personaggio vivo e vitale, un organismo dotato di vita propria.

Per quanto riguarda questo aspetto, leggere L’architettrice è stato come entrare nell’Animus e rivivere il passato attraverso gli occhi di qualcun altro. Il succedersi dei papi, le violenze dei bassifondi della città, la temibile peste (descritta, tra l’altro, in modi che non possono che rievocare le esperienze di tutti noi durante la pandemia), ma anche la Roma che si arricchisce (impoverendosi economicamente) di magnificenti opere d’arte e architettoniche; e inoltre le feste, i culti religiosi e le usanze popolari, l’ambiente di corte (tanto ambito quanto tossico e pericoloso) e molto altro ancora.

Inoltre, ho molto apprezzato il rapporto tra Plautilla e altri personaggi cardine della sua vita, specialmente il padre Giovanni, la sorella maggiore Albina e l’“Abate” Elpidio Benedetti. Senza scendere troppo nei dettagli, vi svelo solo che questi sottendono un tema molto attuale, ovvero il dilemma della scelta tra due opzioni per qualche motivo inconciliabili: carriera e famiglia, e – soprattutto- la disperazione causata dall’impossibilità di realizzare il desiderio di conseguire entrambe. Ciò rende Plautilla la portavoce dell’intero genere femminile che, in questo sistema, non può che sentirsi in ogni caso manchevole, in difetto, sentendo un vuoto che non può colmare.

Credo di aver già detto troppo, per cui tiro le somme. La storia di Plautilla è un connubio perfettamente riuscito di realtà e finzione. La prima -anche se si limita a poche notizie e a ciò che effettivamente l’architettrice ha realizzato- spingerebbe chiunque ad un tour nella capitale per scoprire (e onorare) ciò che rimane dell’operato di qualcuno che non merita di passare inosservato; la seconda, che consiste nei pensieri che l’autrice ha ricamato sull’arazzo della storia vera, sono a dir poco encomiabili e rendono Plautilla-personaggio una figura profonda e interessante.

Forse l’unico elemento che può incrinare la positività dell’esperienza consiste nella difficoltà di tenere a mente la vasta mole di personaggi che popolano le vicende e che a volte non si presentano mai direttamente sulla scena ma agiscono lontano dalla protagonista. Inoltre, alcuni nomi di personaggi storici possono risultare sconosciuti a coloro che non hanno familiarità con il contesto storico e la storia dell’arte. In entrambi i casi, però, si tratta di un problema strutturale e non di un difetto dell’opera in sé.

L’Architettrice è un viaggio nel passato così convincente da far impallidire la più tecnologica delle ricostruzioni simulate, e il fatto che siano sufficienti delle parole e un poco di immaginazione è bellissimo e disarmante, (se mi venisse in mente una parola per definire questo concetto la userei). Inoltre, è stata un’occasione per imparare tantissime curiosità sulla capitale: per esempio, sapevate che nei progetti originali del Bernini la basilica di San Pietro doveva essere munita di due mastodontici campanili? Oppure che i francesi durante l’assedio di Roma nel 1849 utilizzavano pallottole che violavano ogni convenzione sulla guerra? Ora voi vi starete chiedendo se quest’ultimo dato non sia un errore di chi scrive e che cosa c’entri con tutto il resto. Così vi rispondo: nessun errore, e se volete scoprirlo non dovete far altro che leggere il romanzo di Melania Mazzucco, che, nel caso non fossi stato abbastanza chiaro, è più che consigliato.

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