
Titolo: Parthenope
Regista: Paolo Sorrentino
Data di uscita: 24 ottobre 2024
Genere: drammatico
Durata: 136 min
Giudizio: ★★★★☆
« Era già tutto previsto,
fino al punto che sapevo
che oggi tu mi avresti detto
quelle cose che mi dici
che non siamo più felici
che io sono troppo buono
che per te ci vuole un uomo
che ti sappia soddisfare
che non ti basta solo dare
ma vorresti anche avere nell’amore… »
Sulle note di Era già tutto previsto, canzone scritta da Riccardo Cocciante diventata poi la colonna sonora di questo film, vi voglio parlare dell’ultimo lavoro cinematografico diretto da Paolo Sorrentino: Parthenope. Dopo uno stop durato tre anni, ecco che l’eccentrico regista napoletano approda nuovamente nei grandi schermi con un progetto incredibile, suscitando la curiosità di tutti gli spettatori.
Ora, lungi da me commentare aspetti tecnici del film perché non ho le competenze adatte e rischierei di dire sciocchezze; mi soffermerò invece sulle emozioni e sulle riflessioni che questa pellicola ha suscitato in me.
Parthenope è il nome della protagonista, una giovane donna dalla bellezza dirompente, nata dall’acqua cristallina di Posillipo proprio come una sirena. Il suo fascino travolgente coincide con quello di Napoli, una città custode di amori focosi ed epiloghi tragici. La storia si concentra sulle vicende che si susseguono nella vita della protagonista, in un arco temporale discontinuo che va dal 1950 ai giorni nostri. Quello che ne esce fuori è un mosaico di esperienze forti, coinvolgenti, violente e spesso traumatiche. Ciascuno di questi tasselli è necessario per formare il personaggio di Parthenope: un connubio di sensualità e malinconia. Infatti, la protagonista si accorgerà presto come la sua avvenenza sia al tempo stesso una benedizione e una condanna.
« Era già tutto previsto
anche l’uomo che sceglievi
e il sorriso che gli fai
mentre ti sta portando via… »
Un aspetto che ho davvero apprezzato di questo film è proprio la personificazione di Napoli: è una città che ammiri, ascolti, respiri e temi. È il luogo in cui Parthenope nasce, quello da cui evade per poi ritornare a cercare rifugio. Il suono delle onde del mare che si scagliano dolcemente sulla battigia è il sottofondo musicale della vita della protagonista, una nenia dolce e dolorosa che non si interrompe mai. Di Napoli, però, si deve accettare tutto: non solo gli scorci mozzafiato, ma anche la parte più cruda e vera, quella popolata da gente semplice che crede in modo quasi viscerale alle tradizioni religiose del posto.
La complessità della trama, data dalla ricchezza dei dettagli che compongono ogni scena, spinge lo spettatore a concentrarsi a pieno nella visione del film perché ogni momento è indispensabile ai fini narrativi. Eppure, nonostante qualche perplessità in alcuni momenti della proiezione, devo ammettere che due ore nella sala del cinema sono praticamente volate! I dialoghi enigmatici, la fotografia impeccabile, i giochi di luce e ombre nelle varie sequenze rende il tutto un prodotto veramente intenso e apprezzabile (certo, non è un film da guardare quando si è già stanchi e ci si vuole rilassare con la copertina sul divano). Un merito indiscusso, che in realtà non stupisce visti gli altri lavori di Sorrentino, è il cast di attori veramente ineccepibile. Partendo da Celeste dalla Porta, colei che veste i panni di Parthenope, fino ad arrivare a Silvio Orlando nel ruolo del professore Marotta, si fa quasi fatica a ricordarsi di essere dentro una finzione. Nomi noti del mondo del cinema si alternano a volti esordienti, creando un connubio a dir poco convincente.
Per concludere questo mio sproloquio: consiglierei la visione di Parthenope al pubblico del Salotto dei morti? La mia risposta è assolutamente sì, a patto che si abbia in mente lo stile del regista Paolo Sorrentino. Infatti, assaporando altre sue produzioni come È stata la mano di Dio (2021), This must be the place (2011) e La Grande Bellezza (2013), si possono notare alcune caratteristiche simili. Prima fra tutte, il «non detto» nascosto dietro ai dialoghi dei personaggi, creando un mondo di parole taciuto che lo spettatore deve saper cogliere da solo interpretando le allusioni. Poi, senz’altro la presenza di scene a volte disturbanti e impressionanti che colgono alla sprovvista chi le osserva per la prima volta. Se quanto detto non vi lascia perplessi… andate a recuperare questa perla cinematografica perché, a mio avviso, ne vale la pena!

Il salotto dei morti
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