This war of mine

30 Gen , 2025 - Videogiochi

SVILUPPATORE: 11 bit studios

GENERE: Avventura dinamica

RILASCIO: Novembre 2014

GIOCABILE SU: PC, PS4,

PS5, Xbox One, Xbox X,

Nintendo Switch, Smartphone

GIUDIZIO: ★★★☆☆

Noi non sappiamo nulla della guerra. Nessuno può dire di saperlo veramente, eccetto chi la vive o l’ha vissuta. Per noi la guerra è come quell’albero che, cadendo, non viene udito da nessuno, e pertanto non ha generato rumore: sembra sempre lontana, distante e -in quanto tale- inesistente. A poco valgono gli sforzi dei notiziari che cercano di darcene un’idea, ma in fondo si tratta solo di rumore di fondo per noi che “viviamo sicuri nelle nostre tiepide case”. Né basterebbero tutti i libri, le testimonianze o i reportage per capire quanto grandi siano le avversità che la guerra sparge indiscriminatamente sulla popolazione civile.

E un videogioco? Lungi da me affermare che sia così, ma sono convinto (ed è un fatto) che l’interattività intrinseca al videogioco abbia il potere di coinvolgere e di avvicinare il fruitore, più di ogni altro medium, all’essenza del tema trattato. E quanto massacrante e avvilente -nel corpo e nella mente- sia sopravvivere quando la guerra cancella col fuoco la vita normale l’ho “vissuto” attraverso This war of mine.

In This war of mine la città è devastata da un terribile conflitto armato; l’obiettivo è sopravvivere fino al cessate il fuoco esplorando di notte varie località per raccogliere risorse da impiegare per migliorare il proprio rifugio durante il giorno. Nulla di complicato in linea teorica, né tantomeno a livello di gameplay, in quanto tutte le azioni -dagli spostamenti al crafting– si compiono semplicemente con un click del mouse.

Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, anzi, la guerra e con tutte le asperità che ne conseguono. Gli sviluppatori sono stati infatti molto capaci nel comunicare cosa significhi vivere ogni giorno sul filo del rasoio. In un ambiente in cui le risorse sono scarsissime e nel reperirle si mette ogni volta a repentaglio la propria vita è necessario saperle usare con saggezza, il che vuol dire compiere delle scelte che il più delle volte sono azzardi e fare dei dolorosissimi sacrifici. A volte bisogna scegliere chi tra i personaggi non avrà da mangiare o chi curare, altre volte si sarà impotenti di fronte ad atti di crudeltà o si dovrà chiudere la porta in faccia a chi implora aiuto. La capacità di giudizio è la qualità più preziosa per il giocatore, pena conseguenze dolorose e in molti casi difficilmente recuperabili.

Partita dopo partita, questo gioco mi ha fatto capire diverse cose sulla guerra.

In primis il fatto che tutto può andare in malora in un batter d’occhio. Basta una svista, essere incauti per pochi istanti, una singola scelta scarsamente ponderata per perdere tutto ciò che si è accumulato con fatica per giorni. Ho imparato che in guerra non si può essere ottimisti: paradossalmente, pensare che ogni giorno possa essere l’ultimo e che tutto può crollare facilmente e senza preavviso come un castello di carte è uno dei modi più sicuri per andare avanti, anche se mentalmente è deteriorante. Rilasciare la tensione significa abbassare la guardia, e in guerra non è consentito se si vuole sopravvivere.

Per secondo, la guerra non ti lascia molta scelta: o muori o ti adatti, e nel secondo caso significa spesso scendere a compromessi con la propria umanità. In diverse occasioni il giocatore dovrà compiere azioni difficili o degradanti perché costretto dalla disperazione o dall’istinto di sopravvivenza. Personalmente, delle molte partite giocate, le uniche che sono riuscito a portare a termine con successo sono state quelle in cui ho scelto di rubare o uccidere. La guerra è disumana, non c’è dubbio; ma questo gioco ha confermato un’idea che ho sempre avuto sulla natura della nostra specie, ovvero che la guerra non è altro che una delle tante espressioni dell’umanità stessa. Il titolo del gioco suggerisce che ogni guerra tra fazioni comporta anche una guerra individuale interiore. La guerra non ci rende mostri, semplicemente fa uscire allo scoperto i mostri sopiti che sono già in noi. E forse è proprio questo a rendere gli atti di generosità e di coraggio così speciali: negli scenari in cui l’uomo è lupo all’altro uomo le scelte altruistiche hanno un valore incommensurabile.

Infine, la guerra è una dea imparziale ma vigliacca: colpisce tutti, ma a farne le spese maggiori sono sempre i civili, che una guerra non l’avrebbero mai desiderata. Non parlo solo di quelli le cui vite sono state troncate da razzi e mortai, ma anche di quelli che, sopravvissuti al fuoco, non avranno più una vita come quella di prima. La guerra è cieca e travolge chiunque e senza motivo, ma forse una migliore frase ad effetto è quella di Hemingway che in This war of mine compare all’apertura del gioco:

This war of mine è un buon gioco i cui pregi sono sicuramente due. A livello concettuale, l’intento ben riuscito di dare un’idea della disperazione e della miseria che travolge le vite dei civili coinvolti in una guerra; quanto al gameplay, la varietà degli scenari che permettono di giocare partite diverse a seconda delle condizioni di partenza.

Tuttavia, non mancano alcune note dolenti, che riguardano principalmente i limiti imposti al giocatore. Prima di tutto, anche se le condizioni di partenza sono diverse, il gameplay resta comunque molto ripetitivo e alcune azioni richiedono tempi di attesa lunghi che possono annoiare il giocatore. Ma l’aspetto più deludente sta nel fatto che l’aspetto narrativo è ridotto ai minimi termini, o meglio, è riservato a una modalità stories composta di vari episodi separati con protagonisti e storie diverse… ma non sono compresi nel gioco e devono essere acquistati separatamente. Come se non bastasse, anche molti degli scenari della modalità classica sono bloccati in quanto si trattano di contenuti aggiuntivi, e dunque non sono compresi nel gioco principale. Insomma, l’esperienza completa di This war of mine può essere usufruita solo spendendo una certa cifra iniziale per una sola frazione del gioco e poi spendere nuovamente una cifra (maggiore della prima!) per il resto dei contenuti. Per quanto sia giusto che le case videoludiche debbano pur campare in qualche modo (a maggior ragione quelle indie come in questo caso) non credo faccia molto piacere pagare a prezzo pieno un puzzle di 500 pezzi per poi scoprire che la scatola ne contiene 300 e i restanti sono acquistabili in pacchetti separati.

Per concludere, This war of mine resta comunque un’esperienza consigliabile e molto utile per avere una maggiore consapevolezza su un aspetto così tragico della nostra realtà, soprattutto se serve a far sbiadire quei pensieri ciecamente ingenui secondo cui a noi che viviamo in pace non toccherà mai una sorte simile. Se è capitato, non è detto che non accadrà di nuovo.

Nelle partite da me giocate, il nemico peggiore era la fame. Questo mi ha ricordato come mia nonna mi assillava in continuazione domandandomi se mangiassi a sufficienza. Da piccolo mi sfuggiva il senso di tutto questo, ma crescendo ho capito che lo faceva perché lei la guerra l’ha vissuta, e si ricordava di quando avere un pasto tutti i giorni era tutt’altro che scontato.

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